Mentre Vespa, giovedì scorso, andando da una porta all'altra si rammaricava per non aver potuto scrivere lui il libro Mussolini mio padre, un gruppo di duecento ragazzi romani erano in visita nei luoghi dello sterminio nazista di Auschwitz, accompagnati dal sopravissuto Shlomo Venezia.
Vespa sosteneva che Mussolini era un padre dolce e premuroso, che dopo essere stato dall'amante Petacci tornava ogni sera a dormire nel letto di casa, che era un uomo che si lavava molto e con sapone profumato; Shlomo ricordava che con la corresponsabilità dell'Italia facsista di Mussolini furono sterminati dai nazisti di Hitler circa seimilioni di ebrei con fucilazioni all'aperto, nei campi di stermino, nelle camere a gas e nei forni crematori di Auschwitz dove si raggiunse la capacità di sterminio di 4756 persone al giorno.
Vespa favoleggiava che il duce avrebbe voluto essere liberato dagli americani e non dai tedeschi, smentito in questo dallo stesso Romano, figlio di Mussolini; Shlomo diceva: «E' una vergogna. Va a finire che riabilitano Mussolini come hanno fatto con i Savoia».
La storia vera è stata scritta dai fatti, non può essere cambiata dalle chiacchiere di Vespa. E' stato scritto: «Lo sterminio del popolo ebraico è una ferita profonda e inguaribile nella storia: è l'efferatezza e l'insensatezza di un Nuovo ordine, istituito all'insegna della sistematica violazione dei diritti umani più basilari ai danni di milioni di uomini, donne, bambini ebrei, oppositori politici, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, religiosi, disabili psichici e fisici, mendicanti, senza fissa dimora, prigionieri di guerra e normali cittadini».
23 ottobre 2004
22 ottobre 2004
Chi l'ha visto?
Ma chi se ne frega chi era Silvio Berlusconi all'inizio del mondo, «un po' di anni fa, qualche chilo fa, parecchi capelli fa». Eppure forse a qualcuno interessa, ed allora un fior di giornalista così lo descrive: «Un po' fustacchione, un po' simpatica canaglia, un po' sciupafemmine gaudente».
Un settimanale specializzato nel mostrare in modo soft culi e tette siliconate ci ha infilato un servizio esclusivo di cinque pagine con 14 foto in bianco e nero che illustrano la vita e le opere del grande narciso. Sull'appartenenza di qualche foto mi viene da dubitare, ma forse sbaglio. E comunque un primo ministro, che si autodefinisce statista, certamente non fa una bella figura ad essere inserito in una rubrica del «Chi e?», come un qualsiasi scomparso in «Chi l'ha visto?». Ma essendo il settimanale ed il giornale di sua proprietà si suppone che il Silvio ne sia consapevole e consenziente, anzi pare che sia stato proprio lui a fornire le foto. E' risaputo che gli manca il senso della misura e di questo lui se ne vanta.
E ci son voluto cascare pure io, ho comperato sia il giornale che il settimanale, nella speranza di poter vedere il pisellino del neonato nudo, ed invece niente.
Signori, liberateci da Silvio Berlusconi. Dove signori sta per elettori.
Un settimanale specializzato nel mostrare in modo soft culi e tette siliconate ci ha infilato un servizio esclusivo di cinque pagine con 14 foto in bianco e nero che illustrano la vita e le opere del grande narciso. Sull'appartenenza di qualche foto mi viene da dubitare, ma forse sbaglio. E comunque un primo ministro, che si autodefinisce statista, certamente non fa una bella figura ad essere inserito in una rubrica del «Chi e?», come un qualsiasi scomparso in «Chi l'ha visto?». Ma essendo il settimanale ed il giornale di sua proprietà si suppone che il Silvio ne sia consapevole e consenziente, anzi pare che sia stato proprio lui a fornire le foto. E' risaputo che gli manca il senso della misura e di questo lui se ne vanta.
E ci son voluto cascare pure io, ho comperato sia il giornale che il settimanale, nella speranza di poter vedere il pisellino del neonato nudo, ed invece niente.
Signori, liberateci da Silvio Berlusconi. Dove signori sta per elettori.
21 ottobre 2004
Masseria Renna
Immagine di architettura rurale del territorio di Villa Castelli (Brindisi).
La struttura, con ingresso ad oriente, è del tipo a corte chiusa ed è certamente nata su di un progetto ben articolato in tutte le sue parti e funzioni. Intorno al cortile interno, rettangolare, si sviluppano le abitazioni, le stalle, i depositi, il focolare, il trappeto.
20 ottobre 2004
Zapatero come Zapata?
Forse non significa niente, ma il nome del premier spagnolo José Zapatero richiama alla mente, certamente per assonanza, quello dell'eroe popolare messicano Emilano Zapata, che guidò nei primi anni del novecento l'insurrezione dei braccianti indios che aspiravano alla riforma agraria. Punto.
Zapatero ha cambiato i connotati al linguaggio pubblico spagnolo, i suoi discorsi traboccano di parole come solidarietà, convergenza, armonia, arcobaleno, pace. Otto donne fanno parte del suo governo, la metà dell'esecutivo. Ha nominato Pedro Zerolo, 44 anni, omosessuale e oppositore accanito della guerra in Iraq, segretario dei movimenti sociali e responsabile delle relazioni con le ong. Zerolo a sua volta ha detto di Zapatero: «Ha trasformato la Spagna da paese antipatico a paese simpatico. E ne ha risvegliato l'animo anarchico e indomabile».
Zapatero appena eletto ha ritirato le truppe spagnole dall'Iraq. Cancella la legge del Partito popolare sulle scuole superiori; l'ora di religione cattolica torna facoltativa. Viene riformata la legge sul divorzio: in caso di accordo, la coppia può sciogliersi in soli dieci giorni. Il Consiglio dei ministri ha approvato il matrimonio tra omosessuali e il loro diritto all'adozione.
La Chiesa spagnola, al di là di qualche scontato eccesso verbale, non si scompone più di tanto e cerca di ottenere da Zapatero vantaggi economici. In cambio del ribasso del contributo statale ai religiosi otterrà l'innalzamento dal 5 all'8 per mille della quota che i cittadini potranno devolvere alla Chiesa con la dichiarazione dei redditi.
Zapatero nei primi 200 giorni di governo ha fatto tantissimo dal punto di vista dell'immagine a costo quasi zero, ora sarà chiamato ad agire sui terreni impervi dell'economia e della finanza pubblica.
Zapatero ha tutta la mia stima e simpatia. Quasi quasi, vista la malasorte toccata all'Italia attuale, rimpiango di non essere cittadino spagnolo.
Zapatero ha cambiato i connotati al linguaggio pubblico spagnolo, i suoi discorsi traboccano di parole come solidarietà, convergenza, armonia, arcobaleno, pace. Otto donne fanno parte del suo governo, la metà dell'esecutivo. Ha nominato Pedro Zerolo, 44 anni, omosessuale e oppositore accanito della guerra in Iraq, segretario dei movimenti sociali e responsabile delle relazioni con le ong. Zerolo a sua volta ha detto di Zapatero: «Ha trasformato la Spagna da paese antipatico a paese simpatico. E ne ha risvegliato l'animo anarchico e indomabile».
Zapatero appena eletto ha ritirato le truppe spagnole dall'Iraq. Cancella la legge del Partito popolare sulle scuole superiori; l'ora di religione cattolica torna facoltativa. Viene riformata la legge sul divorzio: in caso di accordo, la coppia può sciogliersi in soli dieci giorni. Il Consiglio dei ministri ha approvato il matrimonio tra omosessuali e il loro diritto all'adozione.
La Chiesa spagnola, al di là di qualche scontato eccesso verbale, non si scompone più di tanto e cerca di ottenere da Zapatero vantaggi economici. In cambio del ribasso del contributo statale ai religiosi otterrà l'innalzamento dal 5 all'8 per mille della quota che i cittadini potranno devolvere alla Chiesa con la dichiarazione dei redditi.
Zapatero nei primi 200 giorni di governo ha fatto tantissimo dal punto di vista dell'immagine a costo quasi zero, ora sarà chiamato ad agire sui terreni impervi dell'economia e della finanza pubblica.
Zapatero ha tutta la mia stima e simpatia. Quasi quasi, vista la malasorte toccata all'Italia attuale, rimpiango di non essere cittadino spagnolo.
19 ottobre 2004
Feltrinelli Real Cinema
Carlo Feltrinelli ha presentato ieri la nuova iniziativa della sua casa editrice. Nasce una collana mix tra cinema e libro: DVD + libro; alla tecnologia avanzata del dvd si unisce il piacere della lettura.
Si parte con il film di Michael Moore Fahrenheit 9/11. Oltre al film che abbiamo visto nelle sale sono inclusi anche 90 minuti di materiali extra: sequenze inedite girate all'esterno della prigione di Abu Graib, altre sequenze filmate in Iraq alcune settimane prima dell'invasione, spezzoni riguardanti Bush e Condoleeza Rice mai mostrati dalle reti televisive americane, le due conferenze stampa di Moore a New York e a Cannes, il dibattito scaturito fra gli intellettuali europei (Godard, Fofi, Benedetto Marzullo) sull'affermazione di Moore: «Faccio film per il popolo americano, non mi interessano gli intellettuali europei!».
"Feltrinelli Real Cinema" vuole offrire ai lettori italiani di libri i migliori documentari e film che la normale distribuzione cinematografica e le Tv italiane mai ci faranno vedere. «Un buon DVD trova la sua collocazione naturale in una buona libreria» ha detto Carlo Feltrinelli, che ha anche aggiunto: «L'uscita di questo DVD a dieci giorni dalle elezioni americane ha anche il senso di una partecipazione ad una campagna elettorale che comunque ci riguarda. Ci piacerebbe che Feltrinelli Real Cinema fosse politica, ma nel senso più vasto, senza virgolette».
Da una rapida ricerca in internet ho appurato che il prossimo DVD, che uscirà a novembre nella collana, è il film di Walter Salles I diari della motocicletta; insieme al dvd vi sarà il libro Latinoamericana. Un diario per un viaggio in motocicletta, scritto da Ernesto Che Guevara, da cui è stato tratto il film.
Si parte con il film di Michael Moore Fahrenheit 9/11. Oltre al film che abbiamo visto nelle sale sono inclusi anche 90 minuti di materiali extra: sequenze inedite girate all'esterno della prigione di Abu Graib, altre sequenze filmate in Iraq alcune settimane prima dell'invasione, spezzoni riguardanti Bush e Condoleeza Rice mai mostrati dalle reti televisive americane, le due conferenze stampa di Moore a New York e a Cannes, il dibattito scaturito fra gli intellettuali europei (Godard, Fofi, Benedetto Marzullo) sull'affermazione di Moore: «Faccio film per il popolo americano, non mi interessano gli intellettuali europei!».
"Feltrinelli Real Cinema" vuole offrire ai lettori italiani di libri i migliori documentari e film che la normale distribuzione cinematografica e le Tv italiane mai ci faranno vedere. «Un buon DVD trova la sua collocazione naturale in una buona libreria» ha detto Carlo Feltrinelli, che ha anche aggiunto: «L'uscita di questo DVD a dieci giorni dalle elezioni americane ha anche il senso di una partecipazione ad una campagna elettorale che comunque ci riguarda. Ci piacerebbe che Feltrinelli Real Cinema fosse politica, ma nel senso più vasto, senza virgolette».
Da una rapida ricerca in internet ho appurato che il prossimo DVD, che uscirà a novembre nella collana, è il film di Walter Salles I diari della motocicletta; insieme al dvd vi sarà il libro Latinoamericana. Un diario per un viaggio in motocicletta, scritto da Ernesto Che Guevara, da cui è stato tratto il film.
18 ottobre 2004
Guerra mondiale contro i bambini
Si è svolta a Roma, ieri e oggi, la "Conferenza mondiale delle donne parlamentari per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza". Hanno partecipato 200 parlamentari provenienti da 107 paesi.
La seduta inaugurale si è tenuta a Montecitorio alla presenza, tra gli altri, del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, del presidente della Camera Pierferdinando Casini, del sindaco di Roma Walter Veltroni.
Hanno accolto le parlamentari, seduti nei banchi del governo, gli alunni della scuola multietnica romana: Danile Manin.
E' stato presentato l'ultimo drammatico rapporto Unicef dal quale risulta che i bambini morti a cause delle guerre che si combattono nel mondo e degli attacchi terroristici sono oltre 200 mila all'anno, ovvero 547 al giorno. Almeno 10 mila dei bambini vittime dei conflitti sono saltati sulle mine antiuomo. Negli ultimi dieci anni i bambini morti per causa diretta delle guerre sono 2 milioni.
Secondo alcuni organismi internazionali (Unhcr e Ammesty) circa 300 mila bambini al di sotto dei 15 anni sono soldati nelle forze governative o in formazioni irregolari in 40 paesi del mondo. Di questi il 25-30 per cento sono femmine.
E' stato anche denunciato che nella guerra in atto in Iraq sono state bombardate settecento scuole elementari e che 2.700 edifici scolastici richiedono interventi statici.
La cantante Amii Stewart, ambasciatrice dell'Unicef per l'Italia, dopo aver ricordato che nel mondo un bambino su dieci non raggiunge i cinque anni di vita e che 11 milioni di bambini ogni anno muoiono per cause innaturali, rivolta alle parlamentari del mondo ha detto: «Sono fatti assurdi, non dobbiamo stancarci di denunciare queste violazioni. Voi, parlamentari e donne, potete essere promotrici del cambiamento per la tutela del bene più prezioso che abbiamo, l'infanzia».
Il presidente Ciampi ha detto: «I bambini ci chiedono di essere amati». Il sindaco di Roma Veltroni parlando dei bambini che vivono nei paesi ricchi ha detto: «Dove si vive in uno stato di diffuso benessere, sono proprio i più piccoli le prime vittime di un modello di vita egoista e veloce, che dà importanza all'apparire, che non si preoccupa abbastanza di avere cura di chi è più fragile e indifeso».
La seduta inaugurale si è tenuta a Montecitorio alla presenza, tra gli altri, del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, del presidente della Camera Pierferdinando Casini, del sindaco di Roma Walter Veltroni.
Hanno accolto le parlamentari, seduti nei banchi del governo, gli alunni della scuola multietnica romana: Danile Manin.
E' stato presentato l'ultimo drammatico rapporto Unicef dal quale risulta che i bambini morti a cause delle guerre che si combattono nel mondo e degli attacchi terroristici sono oltre 200 mila all'anno, ovvero 547 al giorno. Almeno 10 mila dei bambini vittime dei conflitti sono saltati sulle mine antiuomo. Negli ultimi dieci anni i bambini morti per causa diretta delle guerre sono 2 milioni.
Secondo alcuni organismi internazionali (Unhcr e Ammesty) circa 300 mila bambini al di sotto dei 15 anni sono soldati nelle forze governative o in formazioni irregolari in 40 paesi del mondo. Di questi il 25-30 per cento sono femmine.
E' stato anche denunciato che nella guerra in atto in Iraq sono state bombardate settecento scuole elementari e che 2.700 edifici scolastici richiedono interventi statici.
La cantante Amii Stewart, ambasciatrice dell'Unicef per l'Italia, dopo aver ricordato che nel mondo un bambino su dieci non raggiunge i cinque anni di vita e che 11 milioni di bambini ogni anno muoiono per cause innaturali, rivolta alle parlamentari del mondo ha detto: «Sono fatti assurdi, non dobbiamo stancarci di denunciare queste violazioni. Voi, parlamentari e donne, potete essere promotrici del cambiamento per la tutela del bene più prezioso che abbiamo, l'infanzia».
Il presidente Ciampi ha detto: «I bambini ci chiedono di essere amati». Il sindaco di Roma Veltroni parlando dei bambini che vivono nei paesi ricchi ha detto: «Dove si vive in uno stato di diffuso benessere, sono proprio i più piccoli le prime vittime di un modello di vita egoista e veloce, che dà importanza all'apparire, che non si preoccupa abbastanza di avere cura di chi è più fragile e indifeso».
17 ottobre 2004
Regime in Italia
Condivido pienamente quanto scritto da Antonio Padellaro nell'articolo di fondo su l'Unità di ieri 16 ottobre 2004. Lo faccio mio e chiedendo l'autorizzazione all'autore lo pubblico integralmente in questo blog.
Il regime come anestesia
di Antonio Padellaro
Il fatto che il direttore di un grande quotidiano venga pesantemente e ripetutamente minacciato dagli avvocati del presidente del Consiglio; il fatto che i cronisti di quel grande quotidiano vengano definiti dai suddetti legali «mele marce» perché scrivono sulle vicende del plurinquisito presidente del Consiglio; il fatto che pochi mesi dopo quello stesso direttore venga accompagnato al portone del grande quotidiano, salutato dalla manifesta soddisfazione del plurinquisito premier. Tutti questi fatti messi insieme avrebbero sicuramente suscitato una qualche apprezzabile reazione in un qualsiasi paese appena normale: a cominciare, per esempio, dal quel Botswana che ci precede, con altre 43 o 44 nazioni nella classifica che misura il grado di civilità e progresso sul pianeta. Forse, però, una spiegazione del perché l’Italia sia così tristemente scivolata alla casella 45 sta proprio nel fatto che in Italia, invece, non è successo assolutamente nulla; e che, anzi, la notizia della defenestrazione di quel direttore è stata giudicata una non notizia dalla quasi totalità degli altri organi di informazione, e dunque rapidamente trasferita in archivio. Ricordate «Alice nel paese delle Meraviglie»? «Se ognuno s’impicciasse dei fatti suoi», disse la Duchessa quasi ringhiando «il mondo girerebbe molto più svelto!».
Per fortuna c’è sempre qualcuno che s’impiccia, e le tristi circostanze che hanno accompagnato le dimissioni di Ferruccio de Bortoli dalla direzione del “Corriere della sera”, il 29 maggio del 2003, vengono ora riproposte nel libro «Regime» di Peter Gomez e Marco Travaglio. Regime è parola a cui siamo particolarmente affezionati perché è stata coniata su queste stesse pagine quando l’Italia di Silvio Berlusconi ha cominciato a prendere forma e contenuti. Abbiamo scritto regime quando Enzo Biagi è stato espulso dalla Rai, per aver permesso a Roberto Benigni di ridere sul futuro presidente del Consiglio. Lo scandaloso episodio avveniva nel programma “Il fatto”, giudicato il migliore del secolo da una giuria Rai e cancellato anch’esso con un tratto di penna. Abbiamo scritto regime quando con il diktat ducesco dettato dalla Bulgaria, Berlusconi accusava di «uso criminoso della televisione pubblica» Biagi, Santoro e Luttazzi; o quando la censura ha tagliato dal video lo spettacolo di Sabina Guzzanti e il teatro di Paolo Rossi.
Abbiamo scritto regime quando a Massimo Fini scippano un programma perché, come gli spiega il direttore di RaiDue, Marano «c’è una persona che ha fatto lo stronzo in modo vergognoso»: uno stronzo a cui, però, bisogna ubbidire per forza. Abbiamo scritto regime quando le dimissioni di de Bortoli ci sono apparse brutte, strane, preoccupanti, e non certo per mancanza di rispetto nei confronti del nuovo direttore Stefano Folli. Abbiamo scritto regime quando Lucia Annunziata, strattonata per mesi da un Cda supino alla linea del presidente-padrone, è stata costretta a lasciare la presidenza della Rai non potendo più esercitare il ruolo di garanzia assegnatole dai presidenti delle Camere.
In questi tre anni abbiamo gridato regime, regime e ancora regime esattamente come lo gridano oggi Gomez e Travaglio raccontandoci perché colpendo Enzo Biagi e tutti gli altri il regime berlusconiano abbia desertificato la tv e intimidito la libera informazione. Ci è stato risposto (non da Berlusconi che non ha mai nascosto la mano) che se parlavamo di regime eravamo un po’ irresponsabili e un po’ squilibrati, significando la parola regime fine della democrazia e di ogni libertà. Mentre in Italia, fino a prova contraria, i cittadini votano, il Parlamento legifera, le edicole sono colme di testate di diverso orientamento, infinita è la scelta dei canali televisivi. Ci è stato detto, anche a sinistra: se dite che c’è il regime allora perché non ve ne andate in montagna a fare la resistenza? (obiezione stravagante perché sarebbe come chiedere a Pera, Ferrara, Feltri, e ai fervidi sostenitori della guerra di civiltà di andare, per coerenza, a combattere in Iraq con le truppe americane). A costoro aveva comunque già risposto Indro Montanelli spiegando che «oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra essi, sovrana e irresistibile, la televisione».
Montanelli aveva colto il punto: chi controlla l’informazione televisiva, controlla la democrazia; ma una democrazia sotto controllo (televisivo) non è un regime? Un regime pieno di facce da operetta, battute da caserma, capelli tinti o trapiantati, sospeso tra Caligola e la Freedonia dei fratelli Marx. Tragico se festeggia sbracato sulle macerie della Costituzione. Feroce quando decide cosa i cittadini devono o non devono sapere o vedere. Un regime ormai generalmente subìto e accettato in un misto di anestesia condivisa e rassegnazione ragionata. C’è una risposta per tutto. Biagi aveva stufato. Luttazzi ha esagerato. Santoro era un fazioso. Con la satira la Guzzanti ha fatto i soldi. E poi: la Rai è sempre stata lottizzata e, ai suoi tempi, l’Ulivo ha fatto anche peggio. Come dice la Duchessa, sarebbe meglio se ciascuno s’impicciasse dei fatti suoi. (Per la cronaca: mentre de Bortoli non è più direttore del “Corriere”, l’avvocato Previti che lo minacciava per lettera è sempre al suo posto: esercita il potere con efficenza e discrezione, ed è tra i principali artefici del condono vergogna sulle aree protette).
Il regime come anestesia
di Antonio Padellaro
Il fatto che il direttore di un grande quotidiano venga pesantemente e ripetutamente minacciato dagli avvocati del presidente del Consiglio; il fatto che i cronisti di quel grande quotidiano vengano definiti dai suddetti legali «mele marce» perché scrivono sulle vicende del plurinquisito presidente del Consiglio; il fatto che pochi mesi dopo quello stesso direttore venga accompagnato al portone del grande quotidiano, salutato dalla manifesta soddisfazione del plurinquisito premier. Tutti questi fatti messi insieme avrebbero sicuramente suscitato una qualche apprezzabile reazione in un qualsiasi paese appena normale: a cominciare, per esempio, dal quel Botswana che ci precede, con altre 43 o 44 nazioni nella classifica che misura il grado di civilità e progresso sul pianeta. Forse, però, una spiegazione del perché l’Italia sia così tristemente scivolata alla casella 45 sta proprio nel fatto che in Italia, invece, non è successo assolutamente nulla; e che, anzi, la notizia della defenestrazione di quel direttore è stata giudicata una non notizia dalla quasi totalità degli altri organi di informazione, e dunque rapidamente trasferita in archivio. Ricordate «Alice nel paese delle Meraviglie»? «Se ognuno s’impicciasse dei fatti suoi», disse la Duchessa quasi ringhiando «il mondo girerebbe molto più svelto!».
Per fortuna c’è sempre qualcuno che s’impiccia, e le tristi circostanze che hanno accompagnato le dimissioni di Ferruccio de Bortoli dalla direzione del “Corriere della sera”, il 29 maggio del 2003, vengono ora riproposte nel libro «Regime» di Peter Gomez e Marco Travaglio. Regime è parola a cui siamo particolarmente affezionati perché è stata coniata su queste stesse pagine quando l’Italia di Silvio Berlusconi ha cominciato a prendere forma e contenuti. Abbiamo scritto regime quando Enzo Biagi è stato espulso dalla Rai, per aver permesso a Roberto Benigni di ridere sul futuro presidente del Consiglio. Lo scandaloso episodio avveniva nel programma “Il fatto”, giudicato il migliore del secolo da una giuria Rai e cancellato anch’esso con un tratto di penna. Abbiamo scritto regime quando con il diktat ducesco dettato dalla Bulgaria, Berlusconi accusava di «uso criminoso della televisione pubblica» Biagi, Santoro e Luttazzi; o quando la censura ha tagliato dal video lo spettacolo di Sabina Guzzanti e il teatro di Paolo Rossi.
Abbiamo scritto regime quando a Massimo Fini scippano un programma perché, come gli spiega il direttore di RaiDue, Marano «c’è una persona che ha fatto lo stronzo in modo vergognoso»: uno stronzo a cui, però, bisogna ubbidire per forza. Abbiamo scritto regime quando le dimissioni di de Bortoli ci sono apparse brutte, strane, preoccupanti, e non certo per mancanza di rispetto nei confronti del nuovo direttore Stefano Folli. Abbiamo scritto regime quando Lucia Annunziata, strattonata per mesi da un Cda supino alla linea del presidente-padrone, è stata costretta a lasciare la presidenza della Rai non potendo più esercitare il ruolo di garanzia assegnatole dai presidenti delle Camere.
In questi tre anni abbiamo gridato regime, regime e ancora regime esattamente come lo gridano oggi Gomez e Travaglio raccontandoci perché colpendo Enzo Biagi e tutti gli altri il regime berlusconiano abbia desertificato la tv e intimidito la libera informazione. Ci è stato risposto (non da Berlusconi che non ha mai nascosto la mano) che se parlavamo di regime eravamo un po’ irresponsabili e un po’ squilibrati, significando la parola regime fine della democrazia e di ogni libertà. Mentre in Italia, fino a prova contraria, i cittadini votano, il Parlamento legifera, le edicole sono colme di testate di diverso orientamento, infinita è la scelta dei canali televisivi. Ci è stato detto, anche a sinistra: se dite che c’è il regime allora perché non ve ne andate in montagna a fare la resistenza? (obiezione stravagante perché sarebbe come chiedere a Pera, Ferrara, Feltri, e ai fervidi sostenitori della guerra di civiltà di andare, per coerenza, a combattere in Iraq con le truppe americane). A costoro aveva comunque già risposto Indro Montanelli spiegando che «oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra essi, sovrana e irresistibile, la televisione».
Montanelli aveva colto il punto: chi controlla l’informazione televisiva, controlla la democrazia; ma una democrazia sotto controllo (televisivo) non è un regime? Un regime pieno di facce da operetta, battute da caserma, capelli tinti o trapiantati, sospeso tra Caligola e la Freedonia dei fratelli Marx. Tragico se festeggia sbracato sulle macerie della Costituzione. Feroce quando decide cosa i cittadini devono o non devono sapere o vedere. Un regime ormai generalmente subìto e accettato in un misto di anestesia condivisa e rassegnazione ragionata. C’è una risposta per tutto. Biagi aveva stufato. Luttazzi ha esagerato. Santoro era un fazioso. Con la satira la Guzzanti ha fatto i soldi. E poi: la Rai è sempre stata lottizzata e, ai suoi tempi, l’Ulivo ha fatto anche peggio. Come dice la Duchessa, sarebbe meglio se ciascuno s’impicciasse dei fatti suoi. (Per la cronaca: mentre de Bortoli non è più direttore del “Corriere”, l’avvocato Previti che lo minacciava per lettera è sempre al suo posto: esercita il potere con efficenza e discrezione, ed è tra i principali artefici del condono vergogna sulle aree protette).
16 ottobre 2004
Referendum per l'unità d'Italia
La ditta Berlusca e C. festeggia con torta e spumante lumbard la divisione dell'Italia in tanti piccoli stati regionali e principalmente la divisione tra l'Italia del Nord e l'Italia del Sud. Una festa a suggellare il matrimonio tra la sposa Berlusca, che porta un mazzo di rose bianche con nastro verde, e lo sposo Lega ce l'ho duro. Per ora una vittoria di tappa senza conseguenze definitive. La legge sulle riforme costituzionali prevede una seconda lettura sia al Senato che alla Camera.
La maggioranza di centrodestra va avanti a muso duro, più preoccupata nei suoi uomini a conservare la poltrona che non all'interesse dell'Italia.
L'opposizione di centrosinistra continua nella sua guerra di resistenza per evitare questo scempio.
Ecco alcuni commenti al voto di ieri (291 sì, 202 no, 2 astenuti) quasi tutti intonati al nero funebre. In aula i Verdi alzano cartelli funebri con la scritta: «L'Italia piange la Costituzione della Repubblica condannata a morte dal governo Berlusconi». Ciriaco De Mita: «Mai le tenebre sono così intense prima che sorga l'aurora». Vannino Chiti: «Dies nigro signando lapillo [giorno da segnare con sassolini neri]». Luciano Violante: «Avete costruito un tenebroso giocattolo di diktat e strozzature: è scomparsa la capacità di mediazione propria della politica e la scena è dominata dall'illusione autoritaria». Il neo senatore Mario Luzi: «Si sta distruggendo il lavoro del Risorgimento, questa è una fase antirisorgimentale».
Intanto ci si prepara al referendum abrogativo in caso di approvazione definitiva. Il cartello referendario comprende non solo tutti i partiti del centrosinistra, ma anche i tre sindacati confederali Cgil Cisl Uil, organizzazioni imprenditoriali, Regioni e Comuni, associazioni e movimenti della società civile».
La maggioranza di centrodestra va avanti a muso duro, più preoccupata nei suoi uomini a conservare la poltrona che non all'interesse dell'Italia.
L'opposizione di centrosinistra continua nella sua guerra di resistenza per evitare questo scempio.
Ecco alcuni commenti al voto di ieri (291 sì, 202 no, 2 astenuti) quasi tutti intonati al nero funebre. In aula i Verdi alzano cartelli funebri con la scritta: «L'Italia piange la Costituzione della Repubblica condannata a morte dal governo Berlusconi». Ciriaco De Mita: «Mai le tenebre sono così intense prima che sorga l'aurora». Vannino Chiti: «Dies nigro signando lapillo [giorno da segnare con sassolini neri]». Luciano Violante: «Avete costruito un tenebroso giocattolo di diktat e strozzature: è scomparsa la capacità di mediazione propria della politica e la scena è dominata dall'illusione autoritaria». Il neo senatore Mario Luzi: «Si sta distruggendo il lavoro del Risorgimento, questa è una fase antirisorgimentale».
Intanto ci si prepara al referendum abrogativo in caso di approvazione definitiva. Il cartello referendario comprende non solo tutti i partiti del centrosinistra, ma anche i tre sindacati confederali Cgil Cisl Uil, organizzazioni imprenditoriali, Regioni e Comuni, associazioni e movimenti della società civile».
15 ottobre 2004
Mario Luzi: la poesia in Senato
Il novantenne poeta Mario Luzi è stato nominato senatore a vita dal presidente Ciampi.
Il fiorentino Luzi con Ungaretti, Montale e Caproni è tra i più grandi poeti del Novecento. Elementi caratterizzanti della sua poesia sono l'ermetismo e la religiosità.
Ma Luzi ha travasato anche nella sua poesia il suo essere uomo di pace. Luzi si è schierato contro tutte le guerre: quella del Golfo, quella del Kossovo, quella dell'Afganistan, quella dell'Iraq. In un intervista Luzi ha detto: «C’è uno sfasamento totale fra i concetti che per generazioni ci siamo tramandati e la realtà che ci circonda. I carnefici oggi passano per vittime e viceversa. È uno stato di caos pericoloso. Sembra di camminare sulle sabbie mobili».
Gianni D'Elia ha scritto: «Prendiamolo come il Nobel italiano, questo onore senatoriale, nell'illusione che la poesia conti ancora qualcosa, nell'orribile e noiosissima sottocultura televisiva degli italiani. Se la poesia fosse senatrice a vita, davvero, potrebbe cambiare la scuola, proporre un poeta come ministro della cultura, favorire la visita costante di scrittori e artisti nelle università e nelle scuole, e riportare la questione della cultura dalla parte della cultura, e non dell'industria o dello spettacolo, come oggi è impero feroce... La poesia è utile, come l'amore... E' entrato in Parlamento un uomo di pace, oggi è festa».
Per i suoi 90 anni, che compirà il 20 ottobre, Luzi verrà festeggiato a Firenze, a Verona, a Ravenna; si faranno convegni, si leggeranno sue poesie. Sentiamo ancora Luzi: «Io ho sempre pensato all’Italia come a un disegno, come a un sogno, ora volgarmente interrotto, soprattutto in questa fase che produce una simile classe di governo».
Leggiamo una poesia di Mario Luzi.
Ménage
La rivedo ora non più sola, diversa,
nella stanza più interna della casa,
nella luce unita, senza colore né tempo, filtrata dalle [tende,
con le gambe tirate sul divano, accoccolata
accanto al giradischi tenuto basso.
«Non in questa vita, in un'altra» folgora il suo sguardo [gioioso
eppure più evasivo e come offeso
dalla presenza dell'uomo che la limita e la schiaccia.
«Non in questa vita, in un'altra» le leggo bene in fondo alle [pupille.
E' donna non solo da pensarlo, da esserne fieramente
[certa.
E non è questa l'ultima sua grazia.
in un tempo come il nostro che pure non le è estraneo né [avverso.
«Conosci mio marito, mi sembra» e lui sciorina un sorriso [importunato,
pronto quanto fuggevole, quasi voglia scrollarsela di dosso
e ricacciarla indietro, di là da una parete di nebbia e [d'anni;
e mentre mi s'accosta ha l'aria di chi viene
da solo a solo, tra uomini, al dunque.
«C'è qualcosa da cavare dai sogni?» mi chiede fissando [su di me i suoi occhi vuoti
e bianchi, non so se di seviziatore, in qualche "villa triste",
[o di guru.
«Qualcosa di che genere?» e guardo lei che raggia
[tenerezza
verso di me dal biondo del suo sguardo fluido e arguto
e un poco mi compiange, credo, d'essere sotto quelle
[grinfie.
«I sogni di un'anima matura ad accogliere il divino
sono sogni che fanno luce; ma a un livello più basso
sono indegni, espressione dell'animale e basta» aggiunge
e punta i suoi occhi impenetrabili che non so se guardano [e dove.
Ancora non intendo se m'interroga
o continua per conto suo un discorso senza origine né fine
e neppure se parla con orgoglio
o qualcosa buio e inconsolabile gli piange dentro.
«Ma perché parlare di sogni» penso
e cerco per la mia mente un nido
in lei che è qui, presente in questo attimo del mondo.
«E lei non sta facendo un sogno?» riprende mentre sale
[dalla strada
un grido di bambini, vitreo, che agghiaccia il sangue.
«Forse, il confine tra il reale e il sogno...» mormoro
e ascolto la punta di zaffiro
negli ultimi solchi senza note e lo scatto.
«Non in questa vita, in un'altra» esulta più che mai
sgorgando una luce insostenibile
lo sguardo di lei fiera che ostenta altri pensieri
dall'uomo di cui porta, e forse li desidera, le carezze e il
[giogo.
Il fiorentino Luzi con Ungaretti, Montale e Caproni è tra i più grandi poeti del Novecento. Elementi caratterizzanti della sua poesia sono l'ermetismo e la religiosità.
Ma Luzi ha travasato anche nella sua poesia il suo essere uomo di pace. Luzi si è schierato contro tutte le guerre: quella del Golfo, quella del Kossovo, quella dell'Afganistan, quella dell'Iraq. In un intervista Luzi ha detto: «C’è uno sfasamento totale fra i concetti che per generazioni ci siamo tramandati e la realtà che ci circonda. I carnefici oggi passano per vittime e viceversa. È uno stato di caos pericoloso. Sembra di camminare sulle sabbie mobili».
Gianni D'Elia ha scritto: «Prendiamolo come il Nobel italiano, questo onore senatoriale, nell'illusione che la poesia conti ancora qualcosa, nell'orribile e noiosissima sottocultura televisiva degli italiani. Se la poesia fosse senatrice a vita, davvero, potrebbe cambiare la scuola, proporre un poeta come ministro della cultura, favorire la visita costante di scrittori e artisti nelle università e nelle scuole, e riportare la questione della cultura dalla parte della cultura, e non dell'industria o dello spettacolo, come oggi è impero feroce... La poesia è utile, come l'amore... E' entrato in Parlamento un uomo di pace, oggi è festa».
Per i suoi 90 anni, che compirà il 20 ottobre, Luzi verrà festeggiato a Firenze, a Verona, a Ravenna; si faranno convegni, si leggeranno sue poesie. Sentiamo ancora Luzi: «Io ho sempre pensato all’Italia come a un disegno, come a un sogno, ora volgarmente interrotto, soprattutto in questa fase che produce una simile classe di governo».
Leggiamo una poesia di Mario Luzi.
Ménage
La rivedo ora non più sola, diversa,
nella stanza più interna della casa,
nella luce unita, senza colore né tempo, filtrata dalle [tende,
con le gambe tirate sul divano, accoccolata
accanto al giradischi tenuto basso.
«Non in questa vita, in un'altra» folgora il suo sguardo [gioioso
eppure più evasivo e come offeso
dalla presenza dell'uomo che la limita e la schiaccia.
«Non in questa vita, in un'altra» le leggo bene in fondo alle [pupille.
E' donna non solo da pensarlo, da esserne fieramente
[certa.
E non è questa l'ultima sua grazia.
in un tempo come il nostro che pure non le è estraneo né [avverso.
«Conosci mio marito, mi sembra» e lui sciorina un sorriso [importunato,
pronto quanto fuggevole, quasi voglia scrollarsela di dosso
e ricacciarla indietro, di là da una parete di nebbia e [d'anni;
e mentre mi s'accosta ha l'aria di chi viene
da solo a solo, tra uomini, al dunque.
«C'è qualcosa da cavare dai sogni?» mi chiede fissando [su di me i suoi occhi vuoti
e bianchi, non so se di seviziatore, in qualche "villa triste",
[o di guru.
«Qualcosa di che genere?» e guardo lei che raggia
[tenerezza
verso di me dal biondo del suo sguardo fluido e arguto
e un poco mi compiange, credo, d'essere sotto quelle
[grinfie.
«I sogni di un'anima matura ad accogliere il divino
sono sogni che fanno luce; ma a un livello più basso
sono indegni, espressione dell'animale e basta» aggiunge
e punta i suoi occhi impenetrabili che non so se guardano [e dove.
Ancora non intendo se m'interroga
o continua per conto suo un discorso senza origine né fine
e neppure se parla con orgoglio
o qualcosa buio e inconsolabile gli piange dentro.
«Ma perché parlare di sogni» penso
e cerco per la mia mente un nido
in lei che è qui, presente in questo attimo del mondo.
«E lei non sta facendo un sogno?» riprende mentre sale
[dalla strada
un grido di bambini, vitreo, che agghiaccia il sangue.
«Forse, il confine tra il reale e il sogno...» mormoro
e ascolto la punta di zaffiro
negli ultimi solchi senza note e lo scatto.
«Non in questa vita, in un'altra» esulta più che mai
sgorgando una luce insostenibile
lo sguardo di lei fiera che ostenta altri pensieri
dall'uomo di cui porta, e forse li desidera, le carezze e il
[giogo.
14 ottobre 2004
I cattolici, la guerra, l'aborto, Kerry
Su Usa Today, il quotidiano più diffuso degli Stati Uniti, da qualche giorno viene pubblicata una pagina a pagamento da un'organizzazione cattolica ispirata dai vescovi americani dal titolo «Guida al voto per i cattolici seri», dove si sostiene che chi vota per un candidato favorevole all'aborto commette peccato.
Kerry è favorevole alla conservazione della legge che permette l'aborto, Bush vuol fare abrogare questa legge. Quindi per i vescovi americani nelle prossime elezioni presidenziali i cattolici devono votare il repubblicano Bush e non il democratico Kerry. Alla faccia di Papa Wojtyla che si è sempre schierato apertamente contro la guerra in Iraq i suoi vescovi invitano a votare per il guerrafondaio Bush. Si sceglie chi fa ammazzare donne, bambini, civili, ma anche soldati americani e iracheni; si preferisce chi impone la morte senza possibilità di scelta. Strani questi cattolici che anziché formare i loro credenti a non ricorrere all'aborto per scelta e convinzioni personali, vogliono che lo Stato lo impedisca con la forza della legge.
Il partito repubblicano ha mobilitato tantissimi attivisti cattolici, con un rimborso spese di 2500 dollari al mese a testa, per fare propaganda pro Bush nelle chiese.
John Kerry ha invece dichiarato: «Sono cattolico e sono stato chierichetto. Ma non posso pretendere che la mia fede detti legge sull'aborto a chi non la condivide, sia agnostico, ateo, ebreo o protestante».
Una parte del clero si è schierato contro i vescovi e invitano a votare Kerry. Duecento associazioni di ispirazione cattolica stanno pubblicando a pagamento sui giornali diocesani un comunicato intitolato «La vita non finisce con la nascita», nel quale appoggiano il programma di riforme sociali di Kerry.
I cattolici in America sono solo il 23 per cento della popolazione, ma il loro voto potrebbe essere determinante per assicurare al mondo un futuro o di pace o di guerra.
13 ottobre 2004
Frocio sarà lei
Roma, 12 ott. (Adnkronos) - ''Purtroppo Buttiglione ha perso. Povera Europa: i 'culattoni' sono in maggioranza''. Lo afferma, in una dichiarazione, il ministro per gli Italiani nel mondo di An Mirko Tremaglia.
Poveri italiani nel mondo, da chi sono rappresentati! Se io mi trovassi nella loro situazione scriverei al ministro Tremaglia queste due righe: «Sig. ministro non le consento di rappresentarmi. Mi stia alla larga e ignori che io esista. Ne va del mio decoro e della mia faccia. Se sanno in giro che io ho a che fare con lei, mi discriminano».
Ma anche se non sto nel mondo, ma solo in Italia, le voglio scrivere lo stesso.
«Sig. Tremaglia, deputato e pure ministro di qualcosa, prima di scriverle ho cercato di farmi una cultura sul termine che lei ha portato agli onori della cronaca in tutto il mondo: culattone. Non l'ho trovato nel Vocabolario della lingua italiana della Treccani in quattro volumi e nemmeno nel Grande dizionario della lingua italiana del Battaglia in ventuno volumi. Il termine culattone è presente invece nel vocabolario Treccani Il conciso, così definito: regionale, volgare - Omosessuale maschio. Il suo culattone si trova anche nel vocabolario Sinonimi e contrari della Treccani, così definito: uomo attratto sessualmente da altri uomini, o che ha rapporti sessuali con essi. Ministro, i sinonimi del termine a lei tanto caro sono molti, mi permetta di suggerirglieli, così all'occasione potrà variare sul tema, dimostrandosi acculturato: bardassa, buco, checca, culo rotto, cupio, diverso, finocchio, frocio, gay, invertito, omofilo, paraculo, pederasta, recchione, sodomita, uranista, zia, omo, omosessulae, omosex. Sono venti sinonimi, usandone uno al giorno contro i parlamentari europei, può avere l'onore della cronaca per altrettanti giorni. Trascorsi i quali, avrà fatto tanta bella figura che potrà lasciare tranquillamente la scena pubblica, avrà dato ormai tutto e nessuno potrà mai più scordarsi di lei. Avrà tutto il tempo per trastullarsi da sporcaccione innocente. E poi lasci perdere i gay che certamente possono essere anche migliori di lei».
Poveri italiani nel mondo, da chi sono rappresentati! Se io mi trovassi nella loro situazione scriverei al ministro Tremaglia queste due righe: «Sig. ministro non le consento di rappresentarmi. Mi stia alla larga e ignori che io esista. Ne va del mio decoro e della mia faccia. Se sanno in giro che io ho a che fare con lei, mi discriminano».
Ma anche se non sto nel mondo, ma solo in Italia, le voglio scrivere lo stesso.
«Sig. Tremaglia, deputato e pure ministro di qualcosa, prima di scriverle ho cercato di farmi una cultura sul termine che lei ha portato agli onori della cronaca in tutto il mondo: culattone. Non l'ho trovato nel Vocabolario della lingua italiana della Treccani in quattro volumi e nemmeno nel Grande dizionario della lingua italiana del Battaglia in ventuno volumi. Il termine culattone è presente invece nel vocabolario Treccani Il conciso, così definito: regionale, volgare - Omosessuale maschio. Il suo culattone si trova anche nel vocabolario Sinonimi e contrari della Treccani, così definito: uomo attratto sessualmente da altri uomini, o che ha rapporti sessuali con essi. Ministro, i sinonimi del termine a lei tanto caro sono molti, mi permetta di suggerirglieli, così all'occasione potrà variare sul tema, dimostrandosi acculturato: bardassa, buco, checca, culo rotto, cupio, diverso, finocchio, frocio, gay, invertito, omofilo, paraculo, pederasta, recchione, sodomita, uranista, zia, omo, omosessulae, omosex. Sono venti sinonimi, usandone uno al giorno contro i parlamentari europei, può avere l'onore della cronaca per altrettanti giorni. Trascorsi i quali, avrà fatto tanta bella figura che potrà lasciare tranquillamente la scena pubblica, avrà dato ormai tutto e nessuno potrà mai più scordarsi di lei. Avrà tutto il tempo per trastullarsi da sporcaccione innocente. E poi lasci perdere i gay che certamente possono essere anche migliori di lei».
12 ottobre 2004
Christopher Reeve: Superman è morto
E' morto all'età di 52 anni, in un ospedale di New York, l'attore Christopher Reeve , noto al grande pubblico per aver interpretato il ruolo di Superman.
Era nato il 25 Settembre 1952 a New York City. Dopo aver cominciato a recitare in teatro a nove anni, in una piccola compagnia, si laurea all'università Cornell e studia recitazione alla Juillard School.
Reeve ha recitato in film impegnativi anche se di scarso successo di pubblico. La popolarità gli arriva nel 1978 con il personaggio-eroe dei fumetti Superman, che interpreta per ben quattro volte.
Nel 1996 purtroppo l'attore rimane vittima di una caduta da cavallo, che lo costringe alla totale immobilità su una sedia a rotelle: nonostante questo, però, trova la forza di girare il film per la televisione La finestra sul cortile (remake del film omonimo del 1954) dove interpreta la parte di un paraplegico che assiste a un delitto dalla finestra della sua stanza. Dopo l'incidente a cavallo, insieme all'inseparabile moglie Dana, si dedica con energia insospettabile a sostenere in tutto il mondo la ricerca sul midollo spinale e nella battaglia per la libertà di ricerca sulle cellule staminali. Cerca di rendere disponibile ad un largo numero di pazienti paralizzati informazioni e cure per una vita il più possibile indipendente. Nel corso degli anni raccoglie fondi, donazioni, sostegno e distribuisce circa 22 milioni di dollari a pazienti e ricercatori. Mai, in nessun momento aveva ceduto al vittimismo. Lottò contro la sua malattia con una determinazione che solo un Superman poteva avere. Per respirare si era fatto impiantare degli elettrodi nel diaframma. Il sostegno alla ricerca sulle cellule staminali per Reeve era davvero una battaglia per la vita e la morte, perché esse possono portare alla cura di moltissime malattie tra cui diabete, infarto, Alzheimer, Parkinson e lesioni dei tessuti nervosi, di cui soffriva lui.
Era nato il 25 Settembre 1952 a New York City. Dopo aver cominciato a recitare in teatro a nove anni, in una piccola compagnia, si laurea all'università Cornell e studia recitazione alla Juillard School.
Reeve ha recitato in film impegnativi anche se di scarso successo di pubblico. La popolarità gli arriva nel 1978 con il personaggio-eroe dei fumetti Superman, che interpreta per ben quattro volte.
Nel 1996 purtroppo l'attore rimane vittima di una caduta da cavallo, che lo costringe alla totale immobilità su una sedia a rotelle: nonostante questo, però, trova la forza di girare il film per la televisione La finestra sul cortile (remake del film omonimo del 1954) dove interpreta la parte di un paraplegico che assiste a un delitto dalla finestra della sua stanza. Dopo l'incidente a cavallo, insieme all'inseparabile moglie Dana, si dedica con energia insospettabile a sostenere in tutto il mondo la ricerca sul midollo spinale e nella battaglia per la libertà di ricerca sulle cellule staminali. Cerca di rendere disponibile ad un largo numero di pazienti paralizzati informazioni e cure per una vita il più possibile indipendente. Nel corso degli anni raccoglie fondi, donazioni, sostegno e distribuisce circa 22 milioni di dollari a pazienti e ricercatori. Mai, in nessun momento aveva ceduto al vittimismo. Lottò contro la sua malattia con una determinazione che solo un Superman poteva avere. Per respirare si era fatto impiantare degli elettrodi nel diaframma. Il sostegno alla ricerca sulle cellule staminali per Reeve era davvero una battaglia per la vita e la morte, perché esse possono portare alla cura di moltissime malattie tra cui diabete, infarto, Alzheimer, Parkinson e lesioni dei tessuti nervosi, di cui soffriva lui.
11 ottobre 2004
Antonio Tabucchi: premio per la forza dei sogni
Allo scrittore e giornalista Antonio Tabucchi è stato assegnato dall'Associazione dei giornalisti europei di Madrid il Premio Francisco Cerecedo 2004. «Per aver rivendicato la forza dei sogni e per aver mantenuto il vigore della libera espressione in un momento in cui l'eccessiva concentrazione dei mezzi di comunicazione risulta inquietante e limita il dibattito democratico», si legge nella motivazione dell'alta onorificenza.
Il Premio Cerecedo, che è giunto alla ventunesima edizione, prende il nome dal giornalista Francisco Cerecedo (1940-1977) che fu uno strenuo antifranchista e narrò con partecipazione e fedeltà i primi passi democratici della Spagna negli anni Settanta.
Tabucchi giornalista scrive i suoi articoli per El Pais, Le Monde e l'Unità.
«Ma mentre in Francia e Spagna - dichiara Tabucchi da Parigi - non esistono presidenti del Consiglio che detengono l'80 per cento della stampa, in Italia purtroppo questo avviene. Ecco perché un pezzo significativo di questo premio va a l'Unità, un giornale che ha saputo mantenere una voce libera rispetto al conformismo dilagante». Ma il premio va anche a Tabucchi autore di Sostiene Pereira, un romanzo dove si narra di un sofferto risveglio da una vita scialba ed insignificante ad un riscatto umano e politico verso la libertà.
Il premio Cerecedo è stato vinto negli anni passati da illustri personaggi della cultura europea. Hanno fatto parte della giuria di questo anno le voci più significative del giornalismo iberico ed europeo. Tabucchi nel commentare il premio ha parlato anche dell'affaire Buttiglione. «Pochi giornali italiani stanno dando spazio all'affaire Buttiglione, candidato da Berlusconi alla Commissione europea. Ma stiamo parlando di un uomo che ha definito l'omosessualità un problema morale e personale! Hitler, con le stesse motivazioni, spedì i gay tedeschi nella camera a gas. In Europa, di questo affaire, se ne parla; perché in Italia regna il silenzio?».
E' di oggi la notizia che il Parlamento europeo ha bocciato la candidatura di Buttiglione alla Commissione europea.
Il Premio Cerecedo, che è giunto alla ventunesima edizione, prende il nome dal giornalista Francisco Cerecedo (1940-1977) che fu uno strenuo antifranchista e narrò con partecipazione e fedeltà i primi passi democratici della Spagna negli anni Settanta.
Tabucchi giornalista scrive i suoi articoli per El Pais, Le Monde e l'Unità.
«Ma mentre in Francia e Spagna - dichiara Tabucchi da Parigi - non esistono presidenti del Consiglio che detengono l'80 per cento della stampa, in Italia purtroppo questo avviene. Ecco perché un pezzo significativo di questo premio va a l'Unità, un giornale che ha saputo mantenere una voce libera rispetto al conformismo dilagante». Ma il premio va anche a Tabucchi autore di Sostiene Pereira, un romanzo dove si narra di un sofferto risveglio da una vita scialba ed insignificante ad un riscatto umano e politico verso la libertà.
Il premio Cerecedo è stato vinto negli anni passati da illustri personaggi della cultura europea. Hanno fatto parte della giuria di questo anno le voci più significative del giornalismo iberico ed europeo. Tabucchi nel commentare il premio ha parlato anche dell'affaire Buttiglione. «Pochi giornali italiani stanno dando spazio all'affaire Buttiglione, candidato da Berlusconi alla Commissione europea. Ma stiamo parlando di un uomo che ha definito l'omosessualità un problema morale e personale! Hitler, con le stesse motivazioni, spedì i gay tedeschi nella camera a gas. In Europa, di questo affaire, se ne parla; perché in Italia regna il silenzio?».
E' di oggi la notizia che il Parlamento europeo ha bocciato la candidatura di Buttiglione alla Commissione europea.
9 ottobre 2004
Buttiglione ministro delle barbabietole
Noi italiani dovunque andiamo ci facciamo conoscere. O meglio, dovunque il Berlusca e i suoi uomini vanno, si fanno conoscere per la loro pochezza e mancanza di cultura politica e governativa.
Sentite che giudizio si è meritato Buttiglione (già uno con quel cognome non promette niente di buono, ma poveretto non se l’è scelto lui) nell’esame che sta sostenendo davanti al Parlamento europeo per diventare commissario alla giustizia. «Devo confessare che in Spagna non vorrei un ministro della Giustizia che difende queste tesi. Se fosse uno che si occupa di barbabietole, potrei capire. Ma chi si occupa di giustizia…», ha sentenziato Josep Borrell, presidente del Parlamento europeo. I concetti del Buttiglione, giudicati scioccanti da Borrell, riguardano l’omosessualità ritenuta peccato e la donna che secondo il filosofo dal pensiero debolissimo deve restare a casa a fare figli sotto la protezione del marito; non meno scioccanti sono le sue opinioni sulle minoranze e sull’immigrazione.
L’intervento di Borrell ha suscitato tante reazioni nel mondo politico italiano, pro e contro. Tra quelle pro giudizio Borrell cito l’on. Catania di Rifondazione che colloca Buttiglione nel Medioevo. Tra quelli che si sono distinti nello scagliarsi contro Borrell primeggia il ministro Giovanardi che va in soccorso di Buttiglione con profondissime e articolate motivazioni, dice infatti a Borrell: «anche le barbabietole, diversamente da lui, avrebbero compreso i ragionamenti di Buttiglione». Di fronte a questo argomentare di Giovanardi rimaniamo disarmati.
Sentite che giudizio si è meritato Buttiglione (già uno con quel cognome non promette niente di buono, ma poveretto non se l’è scelto lui) nell’esame che sta sostenendo davanti al Parlamento europeo per diventare commissario alla giustizia. «Devo confessare che in Spagna non vorrei un ministro della Giustizia che difende queste tesi. Se fosse uno che si occupa di barbabietole, potrei capire. Ma chi si occupa di giustizia…», ha sentenziato Josep Borrell, presidente del Parlamento europeo. I concetti del Buttiglione, giudicati scioccanti da Borrell, riguardano l’omosessualità ritenuta peccato e la donna che secondo il filosofo dal pensiero debolissimo deve restare a casa a fare figli sotto la protezione del marito; non meno scioccanti sono le sue opinioni sulle minoranze e sull’immigrazione.
L’intervento di Borrell ha suscitato tante reazioni nel mondo politico italiano, pro e contro. Tra quelle pro giudizio Borrell cito l’on. Catania di Rifondazione che colloca Buttiglione nel Medioevo. Tra quelli che si sono distinti nello scagliarsi contro Borrell primeggia il ministro Giovanardi che va in soccorso di Buttiglione con profondissime e articolate motivazioni, dice infatti a Borrell: «anche le barbabietole, diversamente da lui, avrebbero compreso i ragionamenti di Buttiglione». Di fronte a questo argomentare di Giovanardi rimaniamo disarmati.
8 ottobre 2004
Il Papa e la politica
Il vecchio e malato papa Giovanni Paolo Secondo non perde occasione per richiamare i cattolici all’ordine; essi devono attenersi alla verità cristiana, che è ritenuta “il miglior antidoto contro i fanatismi ideologici, in ambito scientifico, politico o anche religioso”. Occorre che i cattolici siano presenti “in quegli ambienti in cui si formano decisioni collettive significative e in quello della politica”. I cattolici devono trasferire e cercare di imporre la dottrina sociale della Chiesa nelle decisioni politiche. E’ questa la sintesi del messaggio che il Papa ha inviato alla 44^ Settimana Sociale dei cattolici che si sta svolgendo a Bologna.
Noi laici democratici che apprezziamo la coraggiosa posizione del Papa sui temi della guerra e della pace e su quelli dei rapporti economici tra i paesi industrializzati e quelli sottosviluppati, non possiamo non dissentire sulle posizioni integraliste che cercano di bloccare o addirittura cancellare le grandi conquiste democratiche raggiunte dalla nostra società. Rivendichiamo la laicità dello Stato. Riteniamo non ammissibile l’ingerenza della Chiesa nella gestione dello Stato. Non accettiamo, e lotteremo per cambiarla, la legge sulla procreazione assistita, tanto caldeggiata dalla Chiesa. Non possiamo condividere le condanne papali della fecondazione eterologa ed il divieto di ricerca scientifica sulle cellule staminali.
Come, d’altro canto, non ci rassegneremo mai allo smantellamento della scuola pubblica finalizzato a favorire la scuola privata e confessionale.
Noi laici democratici che apprezziamo la coraggiosa posizione del Papa sui temi della guerra e della pace e su quelli dei rapporti economici tra i paesi industrializzati e quelli sottosviluppati, non possiamo non dissentire sulle posizioni integraliste che cercano di bloccare o addirittura cancellare le grandi conquiste democratiche raggiunte dalla nostra società. Rivendichiamo la laicità dello Stato. Riteniamo non ammissibile l’ingerenza della Chiesa nella gestione dello Stato. Non accettiamo, e lotteremo per cambiarla, la legge sulla procreazione assistita, tanto caldeggiata dalla Chiesa. Non possiamo condividere le condanne papali della fecondazione eterologa ed il divieto di ricerca scientifica sulle cellule staminali.
Come, d’altro canto, non ci rassegneremo mai allo smantellamento della scuola pubblica finalizzato a favorire la scuola privata e confessionale.
7 ottobre 2004
Matti da guerra
Un’autorevole rivista medica, il New England Journal of Medicine, ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta fra i reduci americani dalla guerra in atto in Iraq. Circa il 17 per cento di essi risultano colpiti da seri disturbi psichiatrici, dovuti allo stress da guerra.
E’ probabile che questi disturbi aumentino ora che in Iraq si è passati dalla guerra di liberazione dalle fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam alla guerra contro elementi dissidenti iracheni.
I disturbi psichiatrici si accrescono anche a causa dello stress da paura che gli altri vengano a sapere che si è colpiti da questi disturbi. Nell’ambito della cultura militare soccombere allo stress è visto come un fallimento, una debolezza e come prova di mancanza dei giusti attributi.
Questa ricerca, e altre similari su altre guerre, viene fatta solamente su chi alla guerra ci viene mandato, ma non è stata mai fatta su chi alla guerra ce li manda. I Bush e le Condoleezza Rice ne uscirebbero più matti dei reduci, senza nemmeno la scusante dello stress.
Altra categoria che potrebbe essere analizzata è quella dei matti diventati tali per non contraddire il loro capo matto. La guerra se l’ha voluta Bush non può non volerla il Berlusca. Se la vuole il Berlusca la devono volere i Fini, i Follini, i Bossi. Se la vogliono questi ultimi non possono non volerla i loro elettori.
Analisi clinica similare potrebbe essere fatta per i direttori dei giornali di destra e dei loro lettori. Un caso clinico a parte è il reduce dalla guerra in Iraq Toni Capuozzo, che non solo ritiene di essere l’unico a capire, lui che è stato sul campo, quello che sta veramente accadendo in Iraq, ma ritiene anche che tutti quelli che non la pensano come lui sono tutti cretini: i pacifisti, le Simone, il premio Nobel Arafat, Giulietto Chiesa, Lilli Gruber, persino Montanelli; ma secondo il reduce Capuozzo il più grande dei cretini è Kerry che si illude di battere il presidente di guerra Bush. Queste cose Capuozzo le è andate a dire al giornale Libero (da chi e quando mai?).
E’ probabile che questi disturbi aumentino ora che in Iraq si è passati dalla guerra di liberazione dalle fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam alla guerra contro elementi dissidenti iracheni.
I disturbi psichiatrici si accrescono anche a causa dello stress da paura che gli altri vengano a sapere che si è colpiti da questi disturbi. Nell’ambito della cultura militare soccombere allo stress è visto come un fallimento, una debolezza e come prova di mancanza dei giusti attributi.
Questa ricerca, e altre similari su altre guerre, viene fatta solamente su chi alla guerra ci viene mandato, ma non è stata mai fatta su chi alla guerra ce li manda. I Bush e le Condoleezza Rice ne uscirebbero più matti dei reduci, senza nemmeno la scusante dello stress.
Altra categoria che potrebbe essere analizzata è quella dei matti diventati tali per non contraddire il loro capo matto. La guerra se l’ha voluta Bush non può non volerla il Berlusca. Se la vuole il Berlusca la devono volere i Fini, i Follini, i Bossi. Se la vogliono questi ultimi non possono non volerla i loro elettori.
Analisi clinica similare potrebbe essere fatta per i direttori dei giornali di destra e dei loro lettori. Un caso clinico a parte è il reduce dalla guerra in Iraq Toni Capuozzo, che non solo ritiene di essere l’unico a capire, lui che è stato sul campo, quello che sta veramente accadendo in Iraq, ma ritiene anche che tutti quelli che non la pensano come lui sono tutti cretini: i pacifisti, le Simone, il premio Nobel Arafat, Giulietto Chiesa, Lilli Gruber, persino Montanelli; ma secondo il reduce Capuozzo il più grande dei cretini è Kerry che si illude di battere il presidente di guerra Bush. Queste cose Capuozzo le è andate a dire al giornale Libero (da chi e quando mai?).
6 ottobre 2004
Libri dei blog
Con i weblog chiunque voglia scrivere per far conoscere agli altri i risultati dei propri sforzi creativi e dei propri studi e ricerche può farlo liberamente e facilmente, saltando la mediazione degli editori della carta stampata e i conseguenti costi di stampa che i neoscrittori sono costretti a pagarsi.
La pubblicazione sul web porta anche il vantaggio che gli ipotetici lettori sono di numero grandissimo. Anche se non è facile farsi spazio nella miriade dei blog che aumentano in modo esponenziale. Ma chi ha qualcosa da dire e lo fa in modo interessante riesce pian piano ad emergere. E’ una grande soddisfazione avere un centinaio di lettori al giorno affezionati o occasionali.
Scrivere nel blog, specialmente per chi lo fa quasi giornalmente, è una grande esercitazione di stile che affina la forma. Bravi scrittori vi sono sia nei blog che sulla carta stampata, come pessimi scrittori vi possono essere sia nell’uno che nell’altro campo.
Ma per chi scrive nei blog è ancora forte la tentazione e il desiderio di riuscire a pubblicare libri di carta. Cominciano a comparire sul mercato libri che raccolgono i post pubblicati nei blog. Il giudizio che io esprimo su questa operazione è sostanzialmente positivo. Nonostante il mio grande interesse per internet e per i blog continuo ad amare tantissimo i libri di carta, che continuo a comperare; ne posseggo parecchie migliaia. Non a caso in testa al mio sito personale compare un testo scorrevole con la scritta: «Un libro è un amico per sempre». Prima o poi, chissà, anch’io riuscirò a pubblicare un libro del mio blog.
La pubblicazione sul web porta anche il vantaggio che gli ipotetici lettori sono di numero grandissimo. Anche se non è facile farsi spazio nella miriade dei blog che aumentano in modo esponenziale. Ma chi ha qualcosa da dire e lo fa in modo interessante riesce pian piano ad emergere. E’ una grande soddisfazione avere un centinaio di lettori al giorno affezionati o occasionali.
Scrivere nel blog, specialmente per chi lo fa quasi giornalmente, è una grande esercitazione di stile che affina la forma. Bravi scrittori vi sono sia nei blog che sulla carta stampata, come pessimi scrittori vi possono essere sia nell’uno che nell’altro campo.
Ma per chi scrive nei blog è ancora forte la tentazione e il desiderio di riuscire a pubblicare libri di carta. Cominciano a comparire sul mercato libri che raccolgono i post pubblicati nei blog. Il giudizio che io esprimo su questa operazione è sostanzialmente positivo. Nonostante il mio grande interesse per internet e per i blog continuo ad amare tantissimo i libri di carta, che continuo a comperare; ne posseggo parecchie migliaia. Non a caso in testa al mio sito personale compare un testo scorrevole con la scritta: «Un libro è un amico per sempre». Prima o poi, chissà, anch’io riuscirò a pubblicare un libro del mio blog.
4 ottobre 2004
ONG – Organizzazioni non governative
Il ruolo delle ong non è quello di scegliere tra amici o nemici, ma quello di aiutare chi ha bisogno. Il mandato dei cooperanti allo sviluppo è quello di essere super partes. Nessun cooperante può essere accusato di avventurismo, il loro lavoro è programmato e ben organizzato.
Le ong sono riconosciute e finanziate (in parte) dal Ministero degli Affari Esteri. L’albo del ministero attualmente conta 165 ong. Ma oltre a queste legate al Ministero ve ne sono altre legate a regioni, province e comuni. I cooperanti italiani riconosciuti da questi enti pubblici e presenti in tutto il mondo sono altre 2.200. Vengono detti «cooperanti» gli operatori umanitari con almeno due anni di attività. Vi sono anche organizzazioni che hanno riconoscimenti internazionali.
Tra le principali organizzazioni umanitarie si possono citare: Medici senza frontiere, Un ponte per…, Movimondo, Intersos, Emergency, Progetto Sviluppo. Sono tantissimi, in tutte le parti del mondo, i paesi in cui sono presenti queste associazioni. Il governo italiano sta riducendo progressivamente i fondi per la cooperazione.
Vi sono poi tantissime altre organizzazioni di volontariato che non hanno alcun riconoscimento pubblico. L’Iref stima che quest’ultime associazioni contano almeno 5 milioni e 147 mila volontari affiliati. Di questi ben 30.560 lavorano all’estero: in Africa, Medioriente, Europa dell’est, Asia, America centrale e del Sud. La Federazione italiana del volontariato ha censito ben 10.970 organizzazioni che agiscono a scopo benefico ed in modo completamente gratuito; ma la stima è in difetto, in realtà in Italia le organizzazioni di volontariato senza scopo di lucro sono oltre 30 mila, che lavorano in ben 57 Paesi nel mondo. Si tratta di medici, ecologisti, tecnici, ma anche cittadini normali che hanno scelto di impegnare parte del loro tempo per aiutare chi è in difficoltà.
Le ong sono riconosciute e finanziate (in parte) dal Ministero degli Affari Esteri. L’albo del ministero attualmente conta 165 ong. Ma oltre a queste legate al Ministero ve ne sono altre legate a regioni, province e comuni. I cooperanti italiani riconosciuti da questi enti pubblici e presenti in tutto il mondo sono altre 2.200. Vengono detti «cooperanti» gli operatori umanitari con almeno due anni di attività. Vi sono anche organizzazioni che hanno riconoscimenti internazionali.
Tra le principali organizzazioni umanitarie si possono citare: Medici senza frontiere, Un ponte per…, Movimondo, Intersos, Emergency, Progetto Sviluppo. Sono tantissimi, in tutte le parti del mondo, i paesi in cui sono presenti queste associazioni. Il governo italiano sta riducendo progressivamente i fondi per la cooperazione.
Vi sono poi tantissime altre organizzazioni di volontariato che non hanno alcun riconoscimento pubblico. L’Iref stima che quest’ultime associazioni contano almeno 5 milioni e 147 mila volontari affiliati. Di questi ben 30.560 lavorano all’estero: in Africa, Medioriente, Europa dell’est, Asia, America centrale e del Sud. La Federazione italiana del volontariato ha censito ben 10.970 organizzazioni che agiscono a scopo benefico ed in modo completamente gratuito; ma la stima è in difetto, in realtà in Italia le organizzazioni di volontariato senza scopo di lucro sono oltre 30 mila, che lavorano in ben 57 Paesi nel mondo. Si tratta di medici, ecologisti, tecnici, ma anche cittadini normali che hanno scelto di impegnare parte del loro tempo per aiutare chi è in difficoltà.
2 ottobre 2004
Scuola Pubblica Mon Amour
Ecco una probabile scuola del futuro secondo la Moratti/Cinzia Leone pensiero: «Aboliremo la promozione e la bocciatura, gli studenti saranno valutati tramite nomination fatte da casa con il televoto. Se un alunno non piace al pubblico è inutile continuare a investire su di lui». Finalmente Alberto Patrucco ha rivelato l’autentica interpretazione delle famose tre «i», lanciate nei programmi scolastici dal grande statista Berlusca della bandana bianca: «Trovare insegnanti di Inglese ed Informatica sarà un’Impresa». Paolo Hendel ha svelato la motivazione profonda per la quale la Moratti ha deciso di reinserire nei programmi scolastici lo studio di Darwin: «La ministra va ad una riunione della maggioranza, quando si trova faccia a faccia con Ignazio La Russa: vuoi vedere che quella storia delle scimmie non era poi così sbagliata?». Sono alcune battute dello spettacolo comico musicale organizzato dal "Forum delle scuole del milanese" nel MazdaPalace di Milano giovedì 30 settembre 2004, a cui hanno partecipato oltre 8mila persone. Si sono esibiti gratuitamente tantissimi attori, cabarettisti e musicisti. Tutti riuniti per dichiarare il proprio amore per la scuola. Quella pubblica. Per dire no alla riforma Moratti. Una serata lunghissima, a ingresso gratuito, trascorsa tra applausi e risate. «Siamo qui per festeggiare - ha detto Giancarlo Bozzo, comico dello Zelig - perché la riforma quest’anno non sono riusciti ad applicarla». Claudio Bisio, che ha presentato lo spettacolo, ha concluso: «In fondo una cosa buona suo malgrado la Moratti l’ha prodotta: ha fatto tornare a tutti la voglia di discutere e impegnarsi per salvare la scuola pubblica».
1 ottobre 2004
Richard Avedon - Grandissimo fotografo di moda
«Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. E' come se mi fossi dimenticato di svegliarmi». Questa affermazione di Richard Avedon potrebbe essere l’epigrafe da porre sulla sua tomba. Richard Avedon, uno dei più grandi fotografi di moda del novecento, se non il più grande, è morto il 1 ottobre 2004 nel Methodist Hospital di San Antonio in Texas, per emorragia cerebrale. Aveva 81 anni. Era nato in America il 15 maggio 1923, da una famiglia della piccola borghesia ebraica di New York. Scapestrato e sempre in cerca di forti emozioni, nel 1942 abbandona gli studi, per lui noiosi, per arruolarsi come fotografo nella Marina Militare girando il mondo e facendo molte esperienze. Da giovanissimo aveva intravisto le grandi possibilità del mezzo fotografico e aveva studiato i lavori di Man Ray, di Cecil Beaton, di Stieglitz e degli altri maestri americani. Il suo è stato uno stile fotografico tutto personale, si può dire che non era l’erede di nessuno. Non aveva niente in comune con i fotografi della realtà: i Cartier Bresson, i Capa, i Brassai, o gli Erwhitt o i Rodger. Il suo mondo lo costruiva in studio, intorno a donne bellissime, vestite da regine e agghindate all’ultima moda. Nel 1946 entrò in contatto con i grandi fotografi francesi e con gli ambienti intellettuali di Parigi. In Francia scoprì il gusto totale e il piacere della creatività, della letteratura, del buon cinema, delle belle canzoni e delle battaglie culturali. Nel suo primo libro fotografico, il celeberrimo Niente di personale immortalò dive e divette, ma anche uomini e donne degli ambienti borghesi. Con il crescere della celebrità fotografò grandi personaggi: Igor Stravinski, Elise Daniels, Jean Shrimpton, Marella Agnelli, Audrey Hepburn, Mel Ferrer, Buster Keaton, Zsa Zsa Gabor, Annette Stroyberg e Art Buchwald. Uno dei suoi servizi più famosi apparve in Italia su Epoca dell’8 marzo del 1959. Era intitolato Marilyn fa rivivere le grandi incantatrici ed era presentato da un lungo testo di Arthur Miller. Era una straordinaria serie di fotografie a colori e in bianco e nero di Marilyn Monroe, truccata e vestita da Lillian Russel, Marlene Dietrich, Theda Bara, Clara Bow e Jean Harlow. Avedon lavora come fotografo per Harper’s Bazaar fino al 1965. Poi passa a Vogue. Altre foto di Avedon sono terribili e angosciose. In un periodo di crisi, aveva ripreso il padre che stava morendo distrutto dal cancro; si trattò di una serie di ritratti tremendi. Altro celebre ritratto di Avedon è quello del nero William Casby, «nato in schiavitù»; la macchina fotografica del maestro americano ha scavato nell’anima e nel cuore del povero schiavo. Avedon realizza campagne pubblicitarie anche con Gianni Versace e con altri stilisti italiani. Negli ultimi anni lavorava poco. Era malato e viveva appartato.
Per il contenuto di questo post sono debitore a Wladimiro Settimelli per il suo articolo apparso oggi sul sito de l’Unità e anche al sito biografieonline.it.
Immagini di Richard Avedon in Google
Per il contenuto di questo post sono debitore a Wladimiro Settimelli per il suo articolo apparso oggi sul sito de l’Unità e anche al sito biografieonline.it.
Immagini di Richard Avedon in Google