13 luglio 2007

“Maledetti Savoia” di Lorenzo Del Boca

«Dov’è l’Italia?», si chiede Lorenzo Del Boca nell’ultimo capitolo del suo libro. E la risposta che si dà è: «Chi cerca l’Italia non la trova, forse perché non esiste».
Esistono tanti italiani, con le loro accentuate differenze di tradizioni socio-culturali, di differenze linguistiche e dialettali, di differenze comportamentali. L’Unità d’Italia ancora non esiste e forse non esisterà mai.
«L’Unità d’Italia – scrive Del Boca – è stato uno slogan con cui la mitologia del Risorgimento ha giustificato un capitolo di storia del tricolore». A partire dal 1860, l’Italia non piemontese non è stata liberata, ma conquistata. Le regioni meridionali non sono state unite nell’unica Italia, ma annesse. L’Italia del Sud e la sua gente sono state maltrattate, anche in modo volgare. Per infangare l’immagine di Francesco II, cacciato dal suo Regno delle due Sicilie, i servizi segreti piemontesi misero in giro una serie di fotomontaggi di sua moglie, la regina Maria Sofia, in atteggiamenti pornografici.
I malanni dell’Italia di oggi sono figli di quella di ieri. La storia ufficiale ha nascosto truffe, imbrogli, bugie, mistificazioni. L’Italia dell’Ottocento è ricca di politici corrotti, di ufficiali mestatori, di traffichini di regime, di burocrati inefficienti, di magistrati senza giustizia.
Ma sono ormai molti gli studiosi che cominciano a rileggere la storia con più attenzione e con uno sguardo più critico.
E’ ormai accertato che l’incontro di Teano fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II è un falso storico. In realtà l’incontro è avvenuto a Vairano. E la scena fu goffa ed impacciata. Niente a che fare con l’affresco che il pittore Pietro Aldi disegnò sulla parete del municipio di Siena, a cominciare dall’iconografia dei due personaggi, che sono stati idealizzati come tutti i fatti del Risorgimento.
Vittorio Emanuele II era un poco di buono. Usava il lucido delle scarpe per annerirsi i pochi capelli che gli rimanevano. Vittorio Emanuele considerava la cultura una perdita di tempo; i libri lo innervosivano. Era un campione delle scappatelle; approfittando della sua posizione si faceva tutte le ragazzotte che gli capitavano a tiro. Consumava ingenti somme per cavalli, cani e favorite (più o meno puttane). I soldi non gli bastavano mai. E Vittorio Emanuele pagava con i soldi degli italiani, spremuti con tante tasse.
Vittorio Emanuele II diventò re d‘Italia quasi per caso, usato per loro comodo da altri veri regnanti.
Massimo d’Azeglio, nel suo diario, ipotizza addirittura che Vittorio Emanuele non fosse nemmeno lui, perché quello vero sarebbe morto in un incendio provocato dalla nutrice, e segretamente sostituito con il figlio di un macellaio di Porta Romana a Firenze.
E Garibaldi, chi era? «Un babbeo», secondo Maxime du Camp, uno scrittore francese che aveva vestito la camicia rossa. «Una canna al vento», secondo Giuseppe Mazzini. «Rozzo e incolto», secondo Denis Mack Smith. «Un onesto pasticcione», secondo Indro Montanelli. Tracagnotto e con le gambe corte. Amava l’odore della polvere da sparo e il profumo dei capelli delle signorine; passava indifferentemente dal clangore delle battaglie alle fatiche fra le lenzuola. Gli vengono attribuiti una dozzina di figli fra legali, mezzi legali e illegittimi.
La spedizione dei Mille in realtà, forse, fu solo una farsa. Non ci sarebbe stata la conquista del regno delle due Sicilie se non si fossero unite le convenienze degli inglesi e della mafia meridionale, che finanziarono ed appoggiarono l’impresa. I loro interessi non erano più compatibili con la monarchia dei Borboni. Ammiragli, capitani, generali dell’esercito borbonico furono comprati a peso doro; scapparono anziché difendere ed attaccare. I 100.000 soldati dell’esercito borbonico, se avessero voluto, avrebbero potuto fare a pezzi i mille garibaldini.
Altra farsa fu quella del plebiscito del 21 ottobre 1860, con il quale i meridionali del Regno delle Due Sicilie avrebbero votato l’annessione al Piemonte. Non ci si preoccupò nemmeno di dare una parvenza di consultazione democratica.
Le promesse di Garibaldi e dei piemontesi rimasero solo parole vuote. Le terre non vennero distribuite ai contadini. Le tasse non diminuirono, anzi ne vennero istituite delle nuove. I nuovi padroni non si preoccuparono nemmeno di nascondere gli atteggiamenti, il disprezzo, la supponenza propria degli invasori. I ricchi rimasero ricchi e i poveri divennero più poveri.
E i meridionali cercarono di difendersi. Si nascosero nei boschi e usarono le armi. Non potevano ricevere bastonate ed esseri contenti. Fu una reazione popolare, che durò parecchi anni. I meridionali divennero tutti “briganti”.
Ma il nuovo Stato, straniero per la maggioranza dei meridionali, usò le maniere forti. Fu una mattanza ed un massacro. Quasi un milione di italiani del Sud, considerati tutti briganti, furono ammazzati.
Il libro di Del Boca affronta tanti altri argomenti, dei quali cito solo i titoli: la mafia in campo, un parlamento da operetta, Sicilia senza pace, ferrovie: un affare milionario, Regie Tabaccherie in fumo, il crack della Banca Romana.
“Maledetti Savoia”, che porta il sottotitolo “Il vero Risorgimento non è quello che ci hanno insegnato a scuola”, è un libro che dovrebbe essere letto da tutti. Per conoscere la verità.

Lorenzo Del Boca, Maledetti Savoia, Edizioni Piemme, 1998, (V Edizione Pocket 2005), pp. 287, € 7,90

2 commenti:

  1. Hai ragione, andrebbe letto. Io l'ho fatto. In memoria di:

    Carmine "Crocco" Donatelli
    Giuseppe Nicola Summa (Ninco Nanco)
    Michelina De Cesare

    e le altre, tante, vittime dell'invasione piemontese.

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  2. Questi testi andrebbero letti a scuola, è assurdo che le verità storiche si apprendono solo dopo ever finito gli studi e per pura voglia di conoscenza.
    A cosa serve la scuola?

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