Molte migliaia di libri (forse 30.000) sono andati in fiamme nell'incendio sprigionatosi l'altro ieri nella biblioteca della città tedesca di Weimar in Turingia. La biblioteca, voluta dalla duchessa Anna Amalia (1739-1807), custodisce circa un milione di libri. Tra l'altro vi sono 2.000 manoscritti del Medio Evo, 8.400 carte geografiche, una collezione di preziose Bibbie (una appartenuta a Lutero del 1543 fortunatamente è scampata al fuoco). Sono raccolte anche moltissime edizioni dei classici tedeschi: Goethe, Schiller, Herder, Wieland.
Il piccolo ducato di Weimar era divenuto alla fine del settecento il centro della cultura tedesca, tanto da essere chiamata da M.me De Staël l'Atene della Germania. Ma divenne anche centro politico importante, tanto da dar vita nel 1919, dopo la prima guerra mondiale, alla repubblica di Weimar appunto; repubblica democratica che crollò nel 1933 con l'avvento di Hitler.
Profondissima è la ferita ed incalcolabile è il danno provocati dalle fiamme. Il rogo dei libri di Weimar richiama alla memoria quelli delle biblioteche di Alessandria e di Heidelberg.
La distruzione dei libri segna una perdita d'identità collettiva e individuale. Le biblioteche pubbliche e le nostre biblioteche private svelano da dove veniamo, chi siamo e verso dove andiamo.
In questi tempi bui della ragione, in cui alla violenza si risponde con la violenza, una via di scampo ci potrebbe essere data dalla cultura storica. Ma gli uomini che oggi governano il mondo e la nostra nazione non fanno sperare nulla di buono. E' triste e deprimente sentire un capo di governo vantarsi di aver letto l'ultimo libro venti anni fa.
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